martedì 16 dicembre 2014

REDDITI DEI PROFESSIONISTI IN CADUTA LIBERA: un freno esiste!






Il seminario, rivolto esclusivamente ad avvocati, dottori commercialisti e private bankers, si propone di mettere in grado i partecipanti di scoprire perchè, specializzarsi in operazioni di Minibond/Crowdfunding e di Advisoring legale e fiscale specifica per gli startuppers, possa far decollare il fatturato dello Studio Professionale.  Ma anche e soprattutto di realizzare un “upgrade” al livello 4.0 delle proprie competenze digitali ed essere così in grado di approcciare ai nuovi ed indispensabili concetti di “klout score” e “quoziente multitasking”.


https://www.eventbrite.it/e/biglietti-avvocati-e-commercialisti-mettete-il-turbo-ai-vostri-affari-14936032074

lunedì 8 dicembre 2014

La democrazia si salva, anche forzandone le regole. In Italia, c'è urgenza di un colpo di Stato?



La maggioranza parlamentare di sinistra era preoccupata dell’azione sindacale, che minacciava di conquistare il potere al di fuori del Parlamento, anche contro il Parlamento. Le organizzazioni sindacali diffidavano dell’azione parlamentare, che mirava a trasformare la rivoluzione proletaria in un cambiamento di ministero, a beneficio della piccola borghesia.”

Non sembra la radiografia dell'Italia di oggi?

Invece siamo negli anni 1919 e 1920 è questo era lo stato della situazione italiana e in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale (da «Tecnica del colpo di stato» di Curzio Malaparte).

Se ci sono ancora sindacati in Europa (per usare le parole di Roberto Marchesi nel suo blog) “e’ perche’ finora sono serviti ancora a siglare i contratti. Quando i contratti verranno sostituiti da norme e leggi (come il Job Act, che ha infilato un siluro in pancia allo Statuto dei Lavoratori, ma ne arriveranno altri) anche i contratti e i sindacati non serviranno più.”

Le ultime rivelazioni delle intercettazioni telefoniche ed ambientali sulla presunta Mafia Capitolina, ci consegnano un Paese dove dall'inizio dello scoppio dello scandalo Tangentopoli dei primi anni novanta, tutto è cambiato per non far cambiare nulla.

Allora, in più di qualcuno potrebbe far presa la provocazione che lanciò Alberto Asor Rosa in suo articolo su Il Manifesto nell'aprile del 2011: “ Io non avrei dubbi... è arrivato in Italia quel momento fatale in cui, se non si arresta il processo e si torna indietro, non resta che correre senza più rimedi né ostacoli verso il precipizio. Come?
Dico subito che mi sembrerebbe incongrua una prova di forza dal basso, per la quale non esistono le condizioni, o, ammesso che esistano, porterebbero a esiti catastrofici. Certo, la pressione della parte sana del paese è una fattore indispensabile del processo, ma, come gli ultimi mesi hanno abbondantemente dimostrato, non sufficiente.
Ciò cui io penso è invece una prova di forza che, con l'autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall'alto, instaura quello che io definirei un normale 'stato d'emergenza', si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d'autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d'interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l'Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale.
Insomma: la democrazia si salva, anche forzandone le regole. Le ultime occasioni per evitare che la storia si ripeta stanno rapidamente sfumando.

Ma oggi è veramente fattibile il realizzarsi di questo scenario ?

Ovvero, si potrebbe sul serio organizzare “tecnicamente” un colpo di Stato?

Non siamo più ai tempi della rivoluzione bolscevica quando Trotzki scriveva a Lenin : “Come organizzare il colpo di Stato? Bisogna occupare la città, impadronirsi dei punti strategici, rovesciare il governo. Occorre, per questo, organizzare l’insurrezione, formare e addestrare una truppa d’assalto. Non molta gente: le masse non ci servono a nulla; una piccola truppa ci basta.”

Oggi, il tutto potrebbe essere compiuto in maniera assolutamente non cruenta in circa 72 ore. Il tempo necessario per mettere sotto controllo le dorsali adriatiche e tirreniche della rete di telecomunicazioni ed elettrica nazionale e dei trasporti ferroviari ed aereoportuali.

Successivamente, si passa alla fase di controllo dell'ordine pubblico, potendo contare, di sicuro, sull'appoggio di gran parte della popolazione (almeno di quella fetta dell'elettorato che diserta le urne disgustata dalla qualità della classe dirigente).

In che modo? Saranno i Predator, i droni in dotazione alle forze armate italiane, le future sentinelle dei nostri cieli. I Predator, in grado di volare per oltre 20 ore consecutive senza necessità di atterrare o fare rifornimento. In molte occasioni, potranno prendere il posto dei consueti elicotteri. I droni sono in grado di trasmettere immagini in diretta, di giorno e di notte, di individuare obiettivi sul terreno, di dare indicazioni precise a chi si muove a terra su quanto si troverà davanti e di sorvegliare una determinata zona senza esser visti.

Fantascienza? Proprio per nulla, notizia di qualche giorno fa è l'accordo sull'uso dei droni tra Aeronautica e Polizia e Carabinieri che consentirà di aumentare il livello di sicurezza dei cittadini. Non più quindi solo scenari di guerra ma anche quelli dell'ordine pubblico. I Predator dipendono sempre dai militari del 32esimo Stormo della base di Amendola, che sono gli unici destinatari dei dati raccolti che poi potranno però essere trasmessi alle varie forze di polizia.

Pensiamo che sia davvero del tutto irrealistico questo scenario?



 

venerdì 5 dicembre 2014

CRISI? CI SONO 76MILA AZIENDE IN CERCA DI UN AVVOCATO.

di nicola di molfetta – Mag n.27 del 24.11.2014

Per lavorarci bisogna fare una rivoluzione. Sconvolgere il
proprio approccio al cliente. Cambiare linguaggio. Conoscere in profondità il business. Ridefinire le politiche di prezzo. Ma
il gioco vale la candela se l’obiettivo è la media azienda italiana. La famosa spina dorsale economica del Paese. Quella che abita la provincia e che da lì sta cercando di espandere il proprio business in Italia e nel mondo. Quella che non può essere lasciata sola dalle istituzioni politiche, economiche e legali, perché è l’unica grande speranza per la ripresa del Paese. Con il viaggio che legalcommunity.it e financecommunity.it hanno intrapreso nel mondo delle eccellenze emergenti nei settori delle tre F (food, fashion, furniture), siamo riusciti a fare emergere 50 nomi, ciascuno dei quali può essere considerato l’archetipo della clientela che, chiunque si occupi di societario in senso ampio, dovrebbe
frequentare. Si badi bene, questi non sono solo slogan.
Nell’oceano delle Pmi che popolano il territorio nazionale c’è una componente virtuosa che, secondo gli ultimi dati Cerved a
disposizione, a fronte di un calo del credito commerciale del 2,7% (nel 2013 rispetto all’anno precedente) ha ottenuto un aumento dei fidi del 4,5% rispetto all’anno precedente. Inoltre, sempre secondo Cerved, in Italia esistono 76mila Pmi in condizioni di sicurezza o di solvibilità: si tratta di imprese con bilanci solidi e pronte a investire se e quando si presenteranno le opportunità per farlo.
Le banche d’affari lo hanno intuito. E battono il Paese (ovvero cercano qualcuno che lo faccia per loro) in lungo e in largo alla ricerca di realtà meritevoli dei loro investimenti, con cui avviare un percorso di crescita che valorizzi le potenzialità dell’azienda e faccia fruttare la liquidità degli investitori in un arco di tempo ragionevole.


E gli studi legali? Lanciati all’inseguimento del “valore aggiunto”, si sono ritrovati dispersi. Al punto da riuscire persino ad auto-convincersi che esso non risieda più tanto nell’assistenza alle operazioni straordinarie (definita da alcuni arditi teorici addirittura «commodity» ovvero fungibile) quanto nella fornitura di un supporto, ai limiti della dimensione interinale, al funzionamento delle direzioni legali di questa o quella grande azienda alle prese con il rebus del budget. L’incapacità di tanti studi legali di negoziare il prezzo delle proprie prestazioni e giustificarne il valore ragionando sul risultato del proprio lavoro, come spiega perfettamente in questo Mag l’avvocato Santucci, ha prodottoqueste aberrazioni.
Le Pmi di provincia, invece? «Non pagano le nostre fee, non le
accettano», dicono in tanti. Se per questo neanche la grande impresa, per non parlare dello Stato o delle sue controllate che puntualmente fanno lavorare grandi studi e ottimi avvocati a prezzo di costo se non addirittura in perdita o gratis.
Allora, forse, certi pregiudizi vanno riconsiderati. L’imprenditore non accetta di sborsare 40mila euro per l’acquisizione di un piccolo concorrente locale? Forse. Ma se quell’imprenditore ha le potenzialità per diventare un protagonista del suo settore nell’arco di 5-10 anni, allora investire in questa prima sua operazione (che certamente non richiederà un esercito di legali in grisaglia e quindi avrà costi contenuti per lo studio) può diventare il primo passo nell’ambito di un percorso di accompagnamento che potrebbe portare tutti, clienti e consulenti, a crescere virtuosamente, nel giro di breve.
Non sono tempi adatti a chi ama “vincere facile”, ma propizi per
chi voglia dare un significato concreto allo slogan del “valore aggiunto” (su cui in tanti ci hanno marciato a scapito di avvocati
spaesati dalla crisi) che non si crea inviando un ex praticante a fare fotocopie in azienda, ma lavorando di lanterna, all’individuazione di quelle realtà che hanno bisogno di assistenza di qualità per limitare al massimo i passi falsi e tagliare presto i traguardi della crescita e dell’internazionalizzazione.
Un tempo si diceva: non esistono grandi avvocati, ma solo grandi clienti. Ma oggi, più che mai, i grandi avvocati sono chiamati a far diventare grandi i loro clienti.



Ho voluto postare nel blog questo bell'articolo di Nicola Molfetta - nicola.dimolfetta@legalcommunity.it – perchè di questi temi e di altro ancora (dalle start up al klout score, dal minibond al crowdfunding) ne parleremo a Milano il prossimo 12 e 19 dicembre 2014





giovedì 4 dicembre 2014

Il Professionista 4.0 batte la crisi e vince la sfida dei fatturati!




Giovani avvocati e commercialisti ormai a zero.

In media un avvocato iscritto all’Albo, per l’anno 2012, ha prodotto un reddito
medio ai fini IRPEF di circa € 38.000,00 con un fatturato di circa € 57.000,00.
I dati ci dicono però che oltre 20.000 professionisti hanno un fatturato pari a
zero e che quindi risultano del tutto improduttivi, mentre quasi il 50% produce
un reddito inferiore a € 10.300,00 l’anno (Fonte: L’ufficio attuario interno di
Cassa Forense – agg. Aprile 2013).

In Italia ci sono 247 mila avvocati (fonte Albo Nazionale Avvocati 2012) ed il
confronto con l’Europa fa venire i brividi: ogni 100 mila abitanti nel vecchio
continente ci sono 147 professionisti, in Italia si sale a 406. A Milano c’è un
avvocato ogni 65 abitanti e solo nel capoluogo lombardo gli iscritti all’albo
sono la metà di tutta la Francia.

E per neo dottori commercialisti non va affatto meglio se prendiamo in esame
il periodo 2009-2013.

Eppure negli ultimi 12 mesi (periodo febbraio-settembre 2014 su febbraiosettembre
2013) in Italia, abbiamo registrato studi associati ( e non quelli di
fama nazionale ma di provincia) che hanno performaces dei loro fatturati a tre
cifre: da un minimo del +158% ad un massimo del +450%.

Come è stato possibile?

La risposta è in poche parole: Startup/Crowdfunding e Minibond

E' urgente che almeno i giovani professionisti comprendano la necessità di
un loro "upgrade" professionale: da 1.0 a 4.0. Intraprendere da subito un
percorso che li porti a migliorare il loro grado di "influenza" intesa come
autorevolezza e non di mero successo come immediato guadagno
economico. Ma quanti di loro conoscono, per esempio, il loro "klout score"?

I professionisti italiani (avvocati e commercialisti in primis) devono smetterla
di svendersi e imparare a negoziare le proprie parcelle. È una questione di
formazione. Accettare un cap inferiore al budget significa lavorare in perdita.

Che senso ha?

Uno dei grossi problemi che avvocati e commercialisti hanno in Italia è che
quando si siedono davanti a un potenziale cliente prima di tutto parlano di
loro stessi: quanto sono bravi, quanto sanno, quanto scrivono. Poi appena si
è finito di parlare di quello, si attacca a parlare di quanto sono convenienti. In
particolare, sul piano del prezzi. Ed inizia la guerra al ribasso.

Eppure, ci sono in Italia centinaia di Start Up che hanno tra 1 e 3 anni vita,
migliaia di PMI (circa 76.000) ancora in salute e tantissime banche medio-piccole
a vocazione territoriale, accomunate dalla stessa esigenza.

Trovare un vero “law&tax advisor” per poter ad esempio:

a) intercettare nuovi investitori (lo starttupper deve sapere che può anche
aver avuto una idea geniale ma se non è legale, nel senso di violazione di
brevetti e proprietà intellettuale, non troverà finanziatori)

b) emettere Minibond e/o Prestiti Subordinati Patercipativi

c) ottenere una consulenza finanziaria-giuridica indipendente sulle finalità di
cui sopra.

E soprattutto questa nuova figura non dovrà apparire agli occhi dei neo
imprenditori come "l'ufficio complicazione cose semplici" e soprattutto
cercare di offrire dei servizi ad hoc con nuove modalità di pagamento.

Pertanto, l'invito che rivolgo ai giovani professionisti che non possono o
vogliono contare su lasciti familiari (lo studio del padre, dello zio, del nonno
etc.) o forti raccomandazioni per un impiego in qualche ufficio di partecipata
statale, regionale, o altra azienda parassitaria, è quello di puntare davvero su
loro stessi con un bel "upgrade" del loro sapere almeno al livello 4.0 .

Segnalo, a chi fosse davvero interessato a questo argomento di clikkare sui
links sottostanti:


1) http://www.slideshare.net/bancadvice1/locandina-seminario-ilprofessionista40milano12dicembre2014

2) http://www.slideshare.net/bancadvice1/locandina-seminario-minibondecrowdfundingmilano19dicembre2014

martedì 2 dicembre 2014

ATTO DI DIFFIDA CON CONTESTUALE MESSA IN MORA AL M.E.F. (Ministero dell'Economia e delle Finanze)

Raccomandata a/r 
( o da consegnare a mano con assegnazione protocollo)
 oppure via email e PEC:

DATA______________
 Al Capo Direzione
Dirigente Generale
Direzione IV – MEF
c/o Ministero dell’Economia e delle Finanze
Via XX Settembre, 97
00187 ROMA

ATTO DI DIFFIDA
CON CONTESTUALE MESSA IN MORA

Oggetto: mancata istituzione dell’albo dei consulenti finanziari e mancata nomina dei rappresentanti dell’organismo di gestione dello stesso, ai sensi degli artt. 18-bis e 18-ter del TUF.

Il sottoscritto ________________ _________________, nato a ___________ (___) il __/__/__ e residente a _______________________________ (___)
c.f. _______________________________ ,
*****
Preso atto che la regolamentazione comunitaria direttiva MIFID 2004/39/CE è stata recepita nell’ordinamento nazionale a far data dal 01.11.2007;
  • Preso atto che a tutt’oggi, benchè siano trascorsi oltre 7 (sette) anni, codesta spettabile amministrazione non ha ancora istituito l’albo dei consulenti finanziari e non ha provveduto alla nomina dei rappresentanti dell’organismo di gestione dello stesso, ai sensi degli artt. 18-bis e 18-ter del TUF;
  • Preso atto che la diffusione dell’attività di consulenza finanziaria, contribuendo alla tutela del risparmio, alla protezione degli investitori e ad una progressiva educazione finanziaria dei risparmiatori, è uno dei fattori che possono agevolare lo sviluppo del mercato finanziario italiano;
  • Preso atto che il servizio di consulenza in materia di investimenti, per l’importanza che riveste dal punto di vista economico e sociale e per la rilevanza che assume per le decisioni di allocazione del risparmio delle famiglie e delle imprese, può essere svolto, in forma societaria oppure individuale, solo da soggetti dotati degli specifici requisiti previsti dalla legge e regolarmente iscritti all’Albo dei consulenti finanziari;
  • Preso atto che la mancata applicazione della disciplina dell’albo dei consulenti finanziari rappresenti un danno per i soggetti che in questi anni pur essendo in possesso dei requisiti previsti dalla normativa, ma non rientrando nel regime di proroga (addirittura reiterato ancora fino al 31.12.2015), non ha potuto svolgere l’attività di consulenza finanziaria;
  • Preso atto che il mancato avvio dell’albo dei consulenti finanziari ha inoltre limitato la conoscenza da parte dei risparmiatori, imprese ed enti locali del servizio di consulenza agli investimenti, non consentendo inoltre un adeguato livello di trasparenza dei soggetti (banche e sim) che hanno potuto offrire in regime di quasi monopolio il servizio di cui sopra;
  • Ritenuto, infine, che in data _________ lo scrivente ha ________________________________ (1) e che, confidando in un avvio in tempi congrui dell’albo dei consulenti finanziari, ha sostenuto ________ (elencare tutti i costi_________________________);
 Tutto ciò premesso
 INVITA E CONTESTUALMENTE DIFFIDA
L’intestata amministrazione statale alla concreta istituzione dell’albo dei consulenti finanziari ed alla nomina dei rappresentanti dell’organismo di gestione dello stesso, ai sensi degli artt. 18-bis e 18-ter del TUF, entro e non oltre 90 (novanta) giorni a far data da oggi __/__/__,
 AVVERTE
che, in difetto, l’intestata amministrazione statale ed i suoi Dirigenti sono formalmente diffidati e costituiti in mora con ogni conseguenza di legge e con riserva di agire, nelle competenti sedi, al fine del riconoscimento di ogni diritto in relazione alle richieste ed istanze proposte con il presente atto, nonché anche ai fini di ogni conseguente azione di risarcimento danni.
 Salvo ed impregiudicato ogni diritto ed azione anche non espressamente richiamato
  
Firma
 ____________________

  1. indicare lo stato soggettivo dello scrivente:
a) svolgendo una attività incompatibile con quella del CFI ho deciso di lasciare il mio vecchio incarico (specificare quale….) confidando nella possibilità di iscriversi al nascente Albo dei CFI;
b
) ho aperto la PIVA dopo gennaio 2009 con codice Ateco 70.22.09;
c
) ho aperto la P.IVA dopo gennaio 2008 ancora con il vecchio codice Ateco 74.14.1 e non sono potuto rientrare nella “casta” degli autorizzati in deroga.